SPETTACOLI

CANTO AZZURRO
di e con Francesca Contini e Massimilano Toffalori
drammaturgia: Francesca Contini
musiche: Massimiliano Toffalori
scene: Enzo Contini e Mirto Pesavento
Prodotto da MALAcosa Teatro


(Spettacolo attualmente disponibile)

foto di Tiziana Grassi


 
 
 
“In ogni canzone c'è distanza. La canzone non è distante, ma la distanza è uno dei suoi ingredienti, così come la presenza è un ingrediente di qualsiasi immagine grafica. È stato vero fin dalla prima canzone e dalla prima immagine. La distanza separa o può essere attraversata per provocare un ricongiungimento. Tutte le canzoni parlano in modo implicito (e spesso esplicito) di viaggi."

John Berger, Il corpo delle canzoni

Il pubblico ha di fronte un uomo e una donna seduti. Lui ha al suo fianco una chitarra, che ancora non tiene imbracciata, lei una valigia. I loro sguardi inizialmente sono fissati su una distanza ma lei, ad un tratto, comincia a cantare. Poi uno sguardo viene gettato sul pubblico e la consapevolezza è che lo spettacolo, ancora una volta, deve cominciare. Sono una coppia? Sono commedianti? Sono cantanti?

Canto Azzurro è contenuto all’interno di due canti, uno berbero e uno irlandese, che lo aprono all’esterno in un racconto di vie di mare che, percorse da avidi mercanti europei, giungono fino a noi, donne e uomini del presente. La riscrittura drammaturgica trae spunto dal racconto Conte Bleu di Marguerite Yourcenar e lo travasa in versi che ricordano le celebri chanson de geste con cui l’occidente ha glorificato le proprie crociate. Oggi, però, la dimensione epica ed eroica di questa narrazione che separa nettamente il bene e il male, il nostro Dio e il loro Dio, crolla per lasciare spazio a un’incertezza che sta a noi abitare con le nostre domande: cosa abbiamo ricevuto in eredità dalla nostra storia? Con cosa possiamo addolcire lo spazio vuoto che si crea tra noi e l’altro? Ci viene in aiuto una bellissima poesia che recita così:


"Nel mondo ci sono i suoni".
Ah sì?
E qualcosa li accoglie
e li abbandona?
Vie di mare
perdute e abissali.
L'universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa così:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l'altro."

Chandra Livia Candiani
















 
ATIPICHE VARIAZIONI CANTATE 
di e con Francesca Contini, Giulia Marra e Massimilano Toffalori
musiche e arrangiamenti originali Giulia Marra e Massimiliano Toffalori
Prodotto da MALAcosa Teatro

(Spettacolo attualmente disponibile)

foto Chiara Minardi
















È il primo risultato spettacolare della compagnia MALAcosa e nasce da un percorso di ricerca durato diversi anni e che si è sviluppato intorno ad un elaborato ed entusiasmante processo di sintesi.
La performance è un concerto interamente cantato.
MALAcosa ha elaborato in modo originale canzoni di vario genere, legate alla musica rock e popolare di diverse culture, e testi narrativi, per realizzarne delle versioni per trio vocale a cappella.
Atipiche Variazioni Cantate nasce per essere proposto in luoghi in cui sia possibile  condividere uno spazio di vicinanza con lo spettatore che è chiamato a partecipare soprattutto attraverso l'ascolto; luoghi interni o esterni di varia natura - urbana o naturale - in cui un'acustica accogliente e generosa permetta l'attuazione di una performance interamente cantata e in cui sia possibile creare un contatto intimo con la comunità degli spettatori, aprendosi anche  a un confronto con chi lo desidera.



















GREEN SPELL
atto unico per tre voci e un corpo
di e con Francesca Contini e Massimilano Toffalori
drammaturgia: Christian Del Monte
Prodotto da Francesca Contini e Fuorischermo Cinema e Dintorni

foto di Fabio Pignata

 













L'atto unico Green Spell è dedicato alla memoria di Marianne Franziska Lask.
Sua madre Dora Diamant - che amò e accompagnò Franz Kafka nell'ultimo, intenso anno di vita dello scrittore e alla quale sono stati dedicati di recente diversi studi di carattere storico-letterario - allevò da sola la figlia nella Londra postbellica, facendola crescere all'ombra di una mitologia kafkiana rivissuta attraverso i suoi ricordi; ad amplificare la potenza di questo fantasma intervenne anche il fatto che Marianne, a detta di molti, assomigliava a Kafka tanto che avrebbe potuto essere sua figlia se non fosse che la morte dello scrittore era avvenuta dieci anni prima della nascita della bambina. Nel corso degli anni, in Marianne si accentuarono, sempre di più, i sintomi di una forma di disagio mentale, diagnosticato da un unico referto come schizofrenia, che si manifestava, in particolare, nel percepire voci e suoni inesistenti. Morta la madre, la giovane s'isolò sempre più dal mondo. Fu trovata morta nel suo appartamento, all'età di 48 anni, in seguito a un attacco cardiaco. Di lei restano note biografiche e una poesia dal titolo Green Spell, da cui prende le mosse il presente lavoro.
La riflessione drammaturgica su Marianne parte dal dato biografico per amplificarsi in tre discorsi: un primo sul rapporto che lega ricordo, memoria collettiva e malattia mentale; un secondo sulla possibilità della messa in scena della condizione del disagio mentale; un ultimo, sulla trasmissione di valori e figure archetipiche nel contesto di un rapporto madre-figlia, in assenza, in questo caso, di una reale figura paterna.

Aricolo di Donatella Massara per Società delle letterate 






  

















STUDIO PER UNA SCOMPARSA #2
di e con Francesca Contini e Massimilano Toffalori

foto di Fabio Pignata
 













Studio per una scomparsa #2 è la seconda tappa del Progetto A.M.O. volto ad indagare la figura di Anna Maria Ortese, scrittrice e giornalista italiana scomparsa nel 1998, tanto splendente quanto poco conosciuta. In questo spettacolo ci è interessato indagare la dimensione visionaria che si scatena nel momento creativo della scrittura di Anna Maria Ortese che, in uno stato di completa solitudine, inventa interlocutori immaginari con cui confrontarsi. Nonostante la scelta di separazione dal consesso umano, la scrittrice mantiene uno sguardo lucido, critico e partecipe sul mondo esterno riconoscendo, in ogni caso, di esserne parte e di condividerne il medesimo destino.






 























STUDIO PER UNA SCOMPARSA #1 
di e con Francesca Contini e Massimiliano Toffalori

foto di Stefano Avella
















È la prima tappa di un progetto che si ispira alla carismatica figura di Anna Maria Ortese, scrittrice e giornalista italiana scomparsa nel 1998, tanto splendente quanto poco conosciuta. In questo studio quello che ci è interessato indagare è lo sfaldarsi della consistenza del corpo in una visione luminosa di fusione con il respiro universale. Questo fardello carnale racchiuso nella pelle, desiderante e perciò flagellato da ogni perdita subita, è costretto da limiti che, solo grazie ad un duro lavoro possono essere mantenuti aperti sull’esterno evitando il rischio della chiusura definitiva e psicotica. Uno degli strumenti per ottenere questa apertura è la creazione. Un altro è riconoscere di essere parte di un flusso più grande al quale si riconduce il nostro stesso minuscolo sentiero.
In Studio per una scomparsa #1, nato dalle suggestioni di Corpo Celeste di A.M.O., il Tempo lungo delle Ere non umane attraversa lo spazio con la sua intangibile presenza, il suo respiro, i suoi suoni, le sue direzioni. In una minuscola porzione di questo spazio, ascoltando quel Tempo che mai potrà fermarsi, rivive una donna che era quasi morta. Esce dalla sua tomba, ritrova la luce che ricongiunge lo splendore dell’infanzia alla debole luminescenza della vecchiaia e si dirige verso la sua scomparsa, incorporea, nel vento del Tempo, cosciente che “Non importa star bene per essere privi d’angoscia. Occorre rientrare in se stessi, dove è il nome”.





















SEGALE
di Christian Del Monte
con Francesca Contini e Massimiliano Toffalori

foto di Kurt Mundall

















In cosa rappresentazione e rito si distinuguono? È possibile misurare tra essi una distanza? Queste le domanda che questo lavoro indaga.
È opportuno ora porre alcuni chiarimenti sulla metodologia di indagine adottata in Segale, esemplificabile con un atteggiamento gnoseologico assumibile nei confronti di un semplice accadimento: il lancio di un sasso in un lago.
Il mio interesse non verte sulla forza che provoca la caduta del sasso nell'acqua, in quanto essa, a prescindere da che sia individuata in un essere vivente o fattore naturale, presuppone un finalismo che mi myoverebbe ad altro; né voglio conoscere l'esatta natura del sasso, la sua struttura su un piano fisico o la sua essenza su uno metafisico. In altri termini, tanto la forza che origina l'atto quanto l'ente che lo esplicita per me si pongono in quanto tali.
Ad interessarmi è piuttosto il disegno in divenire originato dall'incresparsi della superficie rotta dal contatto col sasso, il riverberarsi dell'atto secondo necessità e caso.
In Segale il testo è sasso, la rappresentazione lago, i corpi sono riverbero.
Christian Del Monte

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